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CINTA MURARIA CROTONE-CASTELLO CARLO V:


CINTA MURARIA CROTONE-CASTELLO CARLO V

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Cinta muraria
Dopo l'acquisizione della città al regio Demanio (1541), valutando l'importanza strategica del sito, il Viceré Don Pedro De Toledo, ordinò la sua fortificazione, sia con la ricostruzione del castello, sia con la ricostruzione delle mura medioevali ormai inadatte a resistere alle nuove armi da guerra. L'opera si protrasse circa un secolo ed essendo la città priva di cave di pietra, furono usati gli ancora grandiosi resti della città greca, delle vecchie mura, macerie di case abbattute. La nuova cinta muraria, in forma poligonale, era costituita da cinque baluardi pentagonali a scarpa preesistenti e ritoccati, e da due rivellini modellati ad orecchione, siti a proteggere i fianchi del castello staccato e difeso da un fossato verso la città.
 

   Castello di Carlo V, costruito nell'800 d.C. per difendere la città dalle incursioni saracene e ristrutturato durante il regno di Carlo V. La fortezza di Crotone rappresenta un esempio unico tra quelle medievali e rinascimentali, poiché mostra con evidenza le trasformazioni intercorse nell'architettura militare con il passaggio dalla difesa piombante (torri circolari che guardano verso l'entroterra) alla difesa radente (bastioni prospicienti il mare). All'interno del castello, ospitati in edifici un tempo adibiti a caserma, si trovano la Biblioteca Comunale ed il Museo Civico.

    Prospettiva laterale del Castello

Nel 1284, sempre Carlo d'Angiò diede la castellania di Crotone a Pietro Ruffo, e nel 1296, durante la guerra dei Vespri tra Angioini ed Aragonesi, l'Ammiraglio Ruggero di Lauria invano cercò di conquistare la città. I Ruffo, signori di Crotone con il titolo di Marchese da cui deriva il nome di Marchesato che ancora si conserva, detennero la città fino al 1444, quando assieme a Catanzaro passò da Nicolò Ruffo a sua figlia Enrichetta che aveva sposato contro il volere del re, Antonio Centelles di Ventimiglia, che per aver guidato la rivolta dei baroni, morì in carcere e le sue terre confiscate. La leggenda dice che Enrichetta, marchesana di Crotone, morisse per il dolore in una sua terra detta poi, per questo motivo Crepacuore. Alfonso d'Aragona che aveva riconquistato a stento la città, resosi conto dell'importanza strategica del sito, sia come punto di offesa che di difesa, diede particolare concessioni ai cittadini, per favorire le loro attività mercantili e resa la città demaniale.
Nel 1456, concesse che la città potesse impiegare le imposte arretrate per la riparazione delle mura del castello. Nel 1497, quando entra in città il gran capitano Consalvo da Cordova, a sostegno degli spagnoli contro i francesi, le fortificazioni erano in uno stato deplorevole. Alla fine del '400 due delle torri antiche vengono inglobate in torrioni cilindrici, iniziano così i lavori di riparazioni delle regie fabbriche delle mura e del castello, che continuano per oltre un secolo e a cui è destinata la gabella della seta, che colpisce molto Cosenza e i suoi casali. In periodo viceregnale, le fortificazioni subiscono cambiamenti radicali per adeguarle alle nuove teorie sull'arte fortificatoria, che veniva formandosi per far fronte alla diffusione delle nuove armi da fuoco e in specie dell'artiglieria, anche nel regno di Napoli per la conoscenza delle opere di Francesco di Giorgio Martini. Ingegneri militari come Antonello da Trani, Juan Sarmientos, il padovano Giovanni Maria Buzzacarino, il barone leccese Gian Giacomo D'Acaja, Ambrogio Attendolo, si susseguono nella direzione delle imponenti opere di fortificazioni. Il castello da un impianto pentagonale con cinque torri ai vertici di derivazione fridericiana, viene ridotto in forma quadrata prevedendo l'inserimento delle torri circolari in quattro bastioni a scarpa ritoccati. Parte dell'antico castello fu rinchiuso nel nuovo a pianta quadrangolare e soprattutto ne fu modificato l'aspetto mediante l'inserimento di tre torrioni angolari in bastioni pentagonali ritoccati e speronati, uniti ai due torrioni cilindrici da megalitiche muraglie a cortina cordonate. La scarsezza dei materiali edilizi impose il riuso dei grandiosi resti della città greca, delle vecchie mura e delle macerie di case abbattute. Il progetto viene realizzato parzialmente con la realizzazione dei bastioni San Giacomo e Santa Caterina.
Nel 1743, il castello fu ancora vinto da Carlo IV di Borbone, che conquistò il Regno di Napoli agli Imperiali austriaci.
Nel 1799, la città, capeggiata dai suoi nobili si dimostrò favorevole alla proclamazione della repubblica partenopea, ma riconquistata in breve dal Cardinale Ruffo, furono fucilati sul castello i civici magistrati: Francesco Antonio Lucifero, Giuseppe Suriano, Bartolo Villaroja. Con il perfezionamento delle armi da guerra, il castello perde la sua importanza strategico-militare e nel corso del secolo XIX venne parzialmente smantellato nella parte superiore, anche a seguito di danni subiti per i frequenti terremoti.
 
Torre Tonda
Con deviazione all'ingresso nord della città, è una torre tonda di discrete dimensioni (diametro 6 metri) e di modestissimo spessore (60 centimetri), in posizione non dominante, forse più edificio rurale o vecchio roccolo.
Proprio in quel punto però indica torre Tonda, dalla carta del Rizzi Zannoni, ma non dimentica di indicare la valle di Lampos.
Piccola costruzione a pianta circolare, di datazione incerta ma di tipologia normanna.
Già alla fine dell'Ottocento risultava mozza ed adattata a costruzione rurale.
La collina nei pressi di Crotone, sulla quale è sita, era forse sede in epoca greca del tempio dedicato alla Vittoria.

Torre Nao
Più semplicemente conosciuta come Torre di Nao o Torre Nao, è un monumento a pianta quadrangolare risalente al XVI secolo situato alla punta nord di Capo Colonna, in provincia di Crotone. Il faro sorge su una prominenza, che chiude la prima insenatura verso sud contrapposta a Punta Cicala. Torre di tipologia viceregnale, ha corpo parallelepipedo su base troncopiramidale, con cordolo litico e grosse caditoie. La costruzione della torre di Nao, che presenta pianta quadrangolare, con esterno scandito da cordonatura litica, fu portata a termine nel 1568, sotto Parafan de Ribera,sebbene il Pignatelli, fin dal 1565, ne aveva assicurato l'avvenuto completamento. Venuto meno il pericolo delle incursioni saracene, le torri di guardia costiera persero ogni funzione di difesa e, nel 1810, la torre di Nao fu inclusa nel sistema doganale francese. In seguito all'Unità d'Italia questa torre divenne sede di comando di una brigata della Guardia di Finanza, mentre quella di Scifo fu venduta a privati e quella di Mariello, lasciata in stato di abbandono, fu usata come cava di pietra.
 

Panoramica della costa ionica

Dell'aspetto della torre di Nao nel secolo XVIII è testimonianza una stampa francese del tempo, disegnata dal Desprez.
È evidente il sistema di difesa della torre: la scala a tre rampe formava un "vignale", corpo avanzato di difesa, tra la scala e la torre un ponte levatoio a scomparsa, azionato dall'interno da una carrucola, garantiva l'isolamento della torre.
All'ingresso, sul 3° livello, un solaio mobile ed una caditoia ne garantivano l'estrema difesa. Anche qui ritroviamo un sistema misto di difesa, tipico dell'architettura militare di transizione. Alla difesa radente si affianca la difesa piombante caratterizzata la prima dalla presenza di archibugere trasformate successivamente in finestra, la seconda da piombatoi in aggetto sull'ultimo livello.
Al confronto della stampa citata, l'aspetto attuale della torre, restaurata di recente, appare modificata.

Torre Scifo
Il paesaggio continua ad essere ben protetto, anche se in zona agricola Scifo sta irreparabilmente decadendo: uno splendido edificio che è urgentissimo recuperare.
Torre di tipologia viceregnale, a pianta quadrangolare, con parte inferiore a scarpa e scala esterna, fu detta anche delle Civette.
Dismessa dallo stato sabaudo, fu acquistata nel 1870 dalla nobile famiglia Lucifero, che ancora la detiene.

Torre Marianello
La torre di Capo Colonna, detta anche torre Mariello, è una struttura difensiva edificata lungo il litorale crotonese nel corso del XVI secolo. A pianta quadrata, era munita di robusti contrafforti e cordonatura in pietra.
Il fortilizio, dotato di una scala esterna e di un piccolo ponte d'accesso, fu voluto dal viceré spagnolo Pedro di Toledo e rientrava nel dispositivo di difesa costiera, di cui facevano parte anche la torre di Scifo o dei Saraceni, di forma quadrangolare, e la torre di Nao, edificata nel 1550, e recentemente oggetto di restauro.


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